L’interesse degli psicologi per i benefici che l’esercizio fisico può portare al benessere psicologico delle persone ha avuto origine alla fine dell’800. Tale interesse è cresciuto negli anni, arrivando al suo culmine negli anni ’70, quando grazie alla moda della fitness si è assistito ad un vero e proprio fiorire delle ricerche in questo campo.
La Psicologia dell’esercizio (Exercise Psychology) è focalizzata sui contributi che l’attività fisica può portare alla nostra psiche, e si distingue dalla più popolare Psicologia dello sport, focalizzata invece sui contributi che le scienze psicologiche possono dare all’incremento o al recupero di una performance sportiva ottimale.
Nell’ambito della Psicologia dell’esercizio sono ormai numerose le ricerche che dimostrano effetti sostanziali dell’esercizio fisico sulla sintomatologia dei disturbi psicologici più comuni: vale a dire l’ansia e la depressione. Allenarsi con costanza e senza sforzi eccessivi sembra essere un grande alleato nella lotta contro la depressione e un potente fattore protettivo per lo stress quotidiano. Non è un caso che molte linee guida internazionali per il trattamento della depressione suggeriscano come i pazienti con grado di severità lieve-moderata debbano essere messi al corrente dell’impatto positivo dell’attività fisica sulla sintomatologia. Il consiglio di mantenersi attivi nel quotidiano non è quindi un elemento opzionale, ma una doverosa segnalazione da parte di chi si occupa di salute mentale.
I programmi di esercizio fisico sono accessibili a tutte le fasce della popolazione, hanno bassi costi, non necessitano della supervisione costante di un professionista, sono privi di effetti collaterali significativi e hanno effetti benefici che si estendono a tutte le principali funzioni dell’organismo (cognizione, sonno, ecc.). Studi scientifici hanno dimostrato la loro efficacia nella pratica clinica, e hanno delineato le caratteristiche che tali programmi dovrebbero avere. Sulla base delle diverse esigenze, il tipo di attività verrà scelto in funzione di diversi criteri, quali il contesto e gli spazi fisici in cui l’attività può essere svolta, l’intensità dell’esercizio, la frequenza e la durata delle sessioni di esercizio e la durata complessiva dell’intero programma. Il clinico potrà quindi fornire al paziente o all’eventuale istruttore precise indicazioni che permettano di mettere a punto un programma di esercizio fisico individualizzato, che tenga conto delle esigenze dettate dallo specifico quadro clinico.
Nonostante le potenzialità di questi interventi, il ricorso ad essi è tuttavia poco diffuso. La maggior parte dei clinici conosce a malapena le loro implicazioni o ne sottovaluta il contributo. Questo atteggiamento preclude purtroppo molte opportunità, non solo al paziente (es. occasioni di socializzazione, apprendimento di nuove abilità, contrasto degli effetti collaterali dei farmaci), ma anche al clinico stesso (es. collaborazioni interdisciplinari). L’inclusione di un programma di esercizio fisico all’interno della terapia per la depressione non è fantascienza, ma un progetto fattibile, sensato e coerente con gli scopi della terapia stessa. Sta al clinico trovare poi la giusta chiave per un aggancio del paziente e per una messa in opera che ottimizzi i benefici e ne riduca i rischi.
Mercoledì 1 Novembre approfondiremo l’argomento in un incontro gratuito presso ITC!