Le spinte motivazionali rivestono un ruolo centrale in qualsiasi attività finalizzata ed in modo particolare in quelle che richiedono un prolungato impegno fisico e mentale. In ambito sportivo, in particolare, il venire meno di queste spinte può portare a quello che gli esperti definiscono ‘dropout’, vale a dire l’abbandono dell’attività sportiva. Tale fenomeno è da tempo oggetto di attenzione non solo di chi si occupa di psicologia dello sport, ma anche degli enti di promozione sportiva nazionali. Tutto ciò in ragione dei dati raccolti dall’ente statistico nazionale (Istituto Nazionale di Statistica [ISTAT], 2014) e dalle indagini europee (European Commission, 2014), che dimostrano come più di un terzo della popolazione italiana riferisca di condurre una vita completamente sedentaria e come il nostro Paese riporti livelli di sedentarietà superiori alla media degli altri Paesi europei. Negli ultimi 30 anni sono stati diversi gli autori che hanno cercato di analizzare il fenomeno dell’abbandono sotto differenti prospettive (Carlin, Salguero, Marchez, & Garcés, 2009) e in diversi paesi (in particolare negli Stati Uniti, Canada, Spagna, Francia, Italia, Regno Unito) fornendo dati, definizioni e classificazioni di questo fenomeno.
Due forme di abbandono: volontario e involontario
Quando parliamo di abbandono della pratica sportiva parliamo, in realtà, di un fenomeno piuttosto eterogeneo. Occorre anzitutto chiarire che il fenomeno dell’abbandono non è necessariamente legato ad una perdita di motivazione e che non necessariamente si tratta di una scelta dettata dalla volontà del singolo. Esistono infatti forme di abbandono vissute come scelte forzate (Sarrazin & Guillet, 2001), come quando un atleta subisce un grave infortunio, quando viene allontanato dalla squadra, e quando mancano risorse esterne per permettergli di continuare l’attività (ad esempio mezzi finanziari o impianti ed attrezzature idonee). Rispetto all’abbandono volontario, invece, si possono distinguere due sottotipi (Petlichkoff, 1992). Il primo di questi consiste in un ritiro legato alla volontà di dedicarsi ad altri impegni importanti (ad esempio familiari, scolastici o professionali) o semplicemente ad un maggiore interesse per altre attività (Jiménez, Cervelló, & Calvo, 2006). In questo caso il soggetto può dirsi comunque soddisfatto della propria esperienza sportiva. Il secondo tipo di ritiro volontario, invece, si avrebbe quando una pressione eccessiva viene esercitata sull’atleta, quando l’allenatore adotta uno stile aggressivo, o semplicemente per la mancanza di successo. Questa seconda forma di abbandono intenzionale tende quindi a caratterizzarsi per una profonda insoddisfazione, da cui possono scaturire forme di risentimento verso l’attività fisica e sportiva in generale. Esperienze di questo tipo possono portare al cosiddetto burnout.
I principali fattori associati
Negli ultimi 10 anni si possono rintracciare in letteratura diversi studi specificamente finalizzati all’identificazione delle ragioni alla base del dropout. Questi studi si sono concentrati maggiormente sulle forme di abbandono volontarie e controllate, e sono stati condotti principalmente sulla fascia d’età adolescenziale, notoriamente associata a più alti tassi di dropout. Tali studi sembrano suggerire quattro grandi categorie di fattori associati al dropout: socio-ecologici, fattori personali, fattori psico-sociali e fattori legati all’attività sportiva in sé. Di seguito una breve lista di alcuni aspetti inerenti ciascuna categoria.
Fattori associati al dropout in ambito sportivo | |
Socio-ecologici | · basso reddito familiare;
· bassa scolarizzazione dei genitori; · mancato contatto con un istruttore specializzato di educazione fisica durante la scuola; · inserimento in istituti scolastici particolarmente severi ed esigenti, elevata dedizione allo studio, scarso impegno in attività extracurricolari, cattiva gestione del tempo e degli impegni; |
Personali | · orientamento motivazionale dipendente da fattori estrinseci e contestuali;
· pigrizia; · atteggiamento negativo verso l’attività sportiva; · mancanza di divertimento; · senso di insicurezza sulle proprie abilità e sul controllo del proprio comportamento; |
Psicosociali | · pressioni familiari;
· avere amici che non frequentano gli stessi contesti sportivi (soprattutto per i bambini); · genitori che durante la gioventù sono stati atleti di alto livello; · difficoltà nel rapporto con i compagni; · ridotta percezione di supporto all’autonomia da parte dell’allenatore e dei genitori; · stile autoritario e una mancanza di apertura al dialogo da parte dell’allenatore; |
Legati all’attività sportiva in sé | · monotonia degli allenamenti;
· livelli di competitività esasperati; · costi elevati; · scomodità degli orari; · scomodità nel raggiungere gli impianti sportivi; · scarsa quantità di allenamenti uno ad uno con il proprio allenatore; |
Riflettere su questi aspetti può essere di aiuto a prevenire il dropout sportivo. Il trucco sta nel rendere le cose semplici e divertenti, nell’apprendere a gestire meglio il proprio tempo e nel ricercare continui stimoli per noi e per gli altri. Vivere lo sport come occasione di crescita personale, anziché viverlo come un appesantimento esistenziale, può essere rigenerante e rinforzante al tempo stesso. Spesso diamo per scontato che la motivazione sia un punto di partenza. E se invece fosse un punto di arrivo?
Bibliografia
- Carlin, M., Salguero, A., Marchez, S. R., & Garcés, E. J. (2009). Análisis de los motivos de retirada de la práctica deportiva y su relación con la orientación motivacional en deportistas universitarios. Cuadernos de Psicología Del Deporte, 9(1), 85–101.
- European Commission. (2014). Sport And Physical Activity (Special Eurobarometer 412). Retrieved from http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ebs_412_en.pdf
- Istituto Nazionale di Statistica. (2014). La pratica sportiva in Italia nel 2013. Retrieved from http://www.istat.it/it/archivio/128694
- Jiménez, R., Cervelló, E. & Calvo, T. G. (2006). El Abandono Deportivo. In E. J. Garcés de los Fayos, A. Olmedilla & P. Vera (Ed.), Psicología y Deporte (pp. 52-61). Murcia: Diego Marín.
- Petlichkoff, L. M. (1992). Youth sport participation and withdrawal: Is it simply a matter of fun?. Pediatric Exercise Science, 4(2), 105-110.
- Sarrazin, P., & Guillet, E. (2001). “Mais pour quoi ne se réinscrivent-ils plus ?”». In F. Cury, & P. Sarrazin (Eds.), Théories de la motivation et pratiques sporti-ves : état des recherches (pp. 223-254). Paris : PUF.