Cos’è il dolore cronico?
L’Associazione Internazionale per lo studio del dolore (IASP) definisce il dolore cronico come “un’esperienza sensoriale ed emotiva associata a danno tissutale, in atto o potenziale, e descritto in termini di tale danno”. Con il termine dolore, quindi, ci riferiamo ad un’esperienza relativa al nostro corpo, ma anche alle alterazioni emotive e cognitive, entrambe provocate da un danno (o potenziale danno) a livello organico.
Questo non significa che chi non riesce a controllare il dolore può avere un disturbo mentale da curare, bensì che esistono diversi fattori psicologici che intervengono nella modulazione (accentuazione o inibizione) del dolore cronico. Prendiamo, ad esempio, la variabile psicologica “attenzione”; quando facciamo attenzione al nostro dolore lo percepiamo maggiormente di quando ci distraiamo impegnandoci in altre attività. E più lo percepiamo più vi facciamo attenzione, creando così un circolo vizioso.
Ancora, quando siamo nervosi, in ansia, moralmente a terra o arrabbiati, a causa del dolore o per altre ragioni, percepiamo il dolore più intensamente rispetto a quando siamo sereni; tutte queste emozioni avranno come conseguenza l’aumento del dolore, e avvieremo di nuovo un circolo vizioso.
Quando il dolore diviene cronico le cose si complicano ulteriormente. Il dolore cronico, infatti, può avere implicazioni in diverse aree della vita della persona destando ulteriori preoccupazioni (non solo rispetto al dolore stesso, ma anche per le possibili ripercussioni in ambito lavorativo, di coppia, familiare, sociale, sessuale) generando ansia o depressione. Si crea in tal modo un ulteriore circolo vizioso.
Fortunatamente il meccanismo funziona anche in modo inverso. E’, infatti, possibile creare un circolo virtuoso gestendo le variabili psicologiche.
Come si può trattare il dolore cronico?
L’intervento di terapia del dolore permette di apprendere a gestire il proprio dolore cronico imparando quelle strategie che ci permettono di intervenire sulle variabili psicologiche (così come facciamo per quelle fisiche) che lo mantengono, o lo accentuano, impedendogli di influire in modo negativo sulla qualità della nostra vita.
Il biofeedback è uno dei più interessanti approcci comportamentali al dolore cronico. Il termine biofeedback significa “retroazione biologica” e con esso si intende una particolare tecnica di autoregolazione che consiste nell’utilizzo di una strumentazione che consente di imparare a controllare funzioni dell’organismo di cui la persona non è normalmente cosciente in quanto controllate in modo involontario quali la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la temperatura, la tensione muscolare.
Per fare questo il biofeedback rileva l’andamento della funzione monitorata e la restituisce sotto forma di suono o immagine attraverso lo schermo di un computer ad esso collegato.
La consapevolezza dell’andamento della funzione monitorata permette alla persona di imparare a controllarla volontariamente e modificarla.
In caso di una cefalea tensiva, ad esempio, la persona apprende a controllare la tensione muscolare che provoca la cefalea riducendone il dolore o prevenendola.
I campi di applicazione del biofeedback sono:
- Cefalea muscolo-tensiva
- Emicrania
- Sindromi dolorose sostenute da tensione e/o contrattura muscolare
- Fibromialgia
- Torcicollo Spastico
- Blefarospasmo
- Tics
- Disturbi psicosomatici (colon irritabile, gastralgie, ecc.)
- Iperidrosi