Editoriale del prof. Michielin sulla legge sulla responsabilità professionale

La proposta di legge sulla Responsabilità professionale del personale sanitario, approvata dalla Camera dei Deputati il 28 gennaio scorso, è stata trasmessa al Senato per la definitiva approvazione e la successiva promulgazione.
La legge avrà una grande ricaduta sull’esercizio dell’attività psicoterapeutica e fissa degli impegni e delle scadenze a cui la nostra comunità scientifico-professionale deve farsi trovare pronta.

L’articolo 6 della proposta di legge modifica il Codice Penale nelle parti che riguardano l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose (articoli 589 e 590), stabilendo che:
“L’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave. Agli effetti di quanto previsto dal primo comma, è esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge.”

L’articolo 5 definisce, invece, le modalità e i soggetti titolati ad elaborare le Linee guida:
“Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative e riabilitative, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle buone pratiche clinico-assistenziali e alle raccomandazioni previste dalle Linee guida elaborate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Ai fini della presente legge, le linee guida sono inserite nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG) e pubblicate nel sito internet dell’Istituto superiore di sanità.”

Il disegno di legge si propone di trovare un punto di equilibrio tra la tutela del cittadino-paziente, a cui vuole garantire la sicurezza e l’efficacia delle cure “come parte costitutiva del diritto alla salute” e assicurare il diritto di indennizzo in caso di errori sanitari che gli abbiano provocato danni, e la tutela del professionista, che deve affrontare i rischi inevitabilmente connessi con l’assistenza sanitaria in modo consapevole, competente ma anche sereno (in un periodo di grande attenzione dell’opinione pubblica verso i casi di malasanità, di attese a volte miracolistiche e/o irragionevoli verso i professionisti e di crescente contenzioso giudiziario).

La questione della responsabilità civile (possibilità di condanna al risarcimento) e penale (condanna ad una pena) del medico e dello psicologo che esercita la psicoterapia ha una lunga storia. Fin dall’inizio, medici e psicologi sono stati considerati professionisti che hanno una “obbligazione di mezzi” e non una “obbligazione di risultati”, vale a dire professionisti che non possono garantire sempre al cliente di raggiungere lo scopo per cui questo si è rivolto a loro, ma devono piuttosto assicurargli di operare nei modi e con i mezzi che, alla luce delle conoscenze scientifico-professionali di quel momento, sono i più appropriati ed utili per assisterlo e curarlo. Di conseguenza, un esito avverso, come la mancata guarigione, il peggioramento o la stessa morte del paziente, non può essere direttamente e sicuramente considerato una colpa del professionista, né un venir meno ai suoi obblighi professionali (come sarebbe, invece, il crollo di una casa per errori di progettazione dell’ingegnere).

Anche il Codice civile, nell’articolo 2236, ha considerato la specificità di alcune professioni, tra cui certamente quelle sanitarie, stabilendo che:
“Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave.”
L’imperizia, l’imprudenza e la negligenza che determinano un esito avverso possono, quindi, essere sanzionata sul piano civile e penale solo in caso di dolo o di colpa.
Il concetto di delitto doloso è definito dall’art. 43 del Codice penale:
“Il delitto è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.
Il dolo riguarda, quindi, i casi estremi in cui il danno è procurato intenzionalmente per rancore o odio verso la persona offesa o, comunque, per tornaconto personale, ma in ambito sanitario può essere applicato anche ad altre situazioni più comuni, come le decisioni mediche sul fine vita, anche se richieste dal paziente e con lui condivise.

Relativamente alla colpa grave, già nel 1972 una sentenza della Corte di cassazione civile aveva stabilito che:
“L’imperizia dovuta a colpa grave consiste nella totale difformità del metodo o tecnica scelti, dalle conoscenze acquisite alla scienza e pratica mediche, “sia per l’approvazione delle autorità scientifiche o per la consolidata sperimentazione”. Le conoscenze acquisite ufficialmente alla scienza medica devono costituire il “necessario corredo culturale e professionale del medico” del settore corrispondente. Invero, il professionista ha una libertà di scelta tra le terapie e i metodi che la scienza offre. Autorevole giurisprudenza ritiene che non si ravvisano gli estremi della colpa grave, qualora il medico abbia scelto, in alternativa, un rimedio che, pur essendo giudicato dal mondo scientifico non in maniera univoca, non sia però da questo scartato”.

Nella definizione di come si debba operare con perizia e competenza e di quali siano i mezzi appropriati ed utili per il paziente, il Codice di Deontologia medica, all’articolo 13, fa esplicitamente riferimento alle evidenze scientifiche e alle Linee guida:
“La prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione è una diretta, specifica, esclusiva e non delegabile competenza del medico, impegna la sua autonomia e responsabilità e deve far seguito a una diagnosi circostanziata o a un fondato sospetto diagnostico. La prescrizione deve fondarsi sulle evidenze scientifiche disponibili, sull’uso ottimale delle risorse e sul rispetto dei principi di efficacia clinica, di sicurezza e di appropriatezza. Il medico tiene conto delle Linee guida diagnostico-terapeutiche accreditate da fonti autorevoli e indipendenti quali raccomandazioni e ne valuta l’applicabilità al caso specifico.”

Il Codice Deontologico degli psicologi fornisce, invece, un’indicazione più generale e meno precisa, riferita alla specifica competenza, all’aggiornamento e alla fondatezza scientifica dei metodi utilizzati:
“Articolo 5 – Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico–pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.”

Il Decreto legge n. 158 del 2012 e la Legge n. 189 dello stesso anno, che contengono “disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del paese mediante un più alto livello di tutela della salute”, definiscono anche il concetto di colpa lieve, che può determinare comunque responsabilità penali, seppure attenuate:
“Responsabilità professionale dell’esercente le professioni sanitarie
1. L’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a Linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo.”

La Legge n. 189 ha, inoltre, previsto l’obbligo per tutti i professionisti, medici e psicologi, che hanno in carico dei pazienti di dotarsi di apposita copertura assicurativa per la responsabilità professionale; in tal modo viene effettivamente garantito ai pazienti che hanno subito danni per imperizia del curante il risarcimento, e al professionista la necessaria serenità, derivante dalla consapevolezza che un eventuale errore non comporterà la sua rovina economica.

Le polizze consigliate sono quelle che coprono, naturalmente solo sul piano civile (vale a dire del risarcimento economico: nessuna polizza può esentare dalla responsabilità penale), anche la colpa grave, che forniscono la tutela legale e la copertura delle relative spese, che comprendono un periodo di retroattività e una garanzia postuma, che hanno i massimali più alti e le franchigie più basse.

Per gli psicologi il costo annuo è molto contenuto, variando dai 100 ai 300 euro, mentre per i medici psichiatri è almeno il doppio; in alcune specialità chirurgiche, nell’ortopedia e nell’ostetricia, che hanno un rischio maggiore e richieste di risarcimento più alte, le polizze possono costare anche 15-20.000 euro all’anno.

Come si è visto, il contesto giuridico-normativo relativo alla responsabilità professionale si è mosso negli ultimi decenni in una direzione coerente e precisa, di cui la proposta di legge in questione rappresenta il punto di arrivo, chiaro e definitivo:

  • il professionista per operare con competenza, perizia e prudenza deve rispettare le buona pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle Linee guida;
  • le Linee guida sono elaborate dalle società scientifiche iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro e sono, poi, inserite nel Sistema Nazionale per le Linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità;
  • il rispetto delle Linee guida è la miglior garanzia di appropriatezza, efficacia e sicurezza per il paziente e la miglior tutela del professionista per quanto riguarda la riduzione del rischio di errori, della possibilità di arrecare danno al paziente e della conseguente responsabilità civile e penale.

Come sappiamo, le Linee guida consistono in raccomandazioni o norme comportamentali di tipo clinico, attuabili nell’iter diagnostico-terapeutico-riabilitativo su specifiche categorie di pazienti (in genere con la stessa diagnosi) e possono contenere una descrizione analitica della metodologia utilizzata per raccogliere ed elaborare i risultati degli studi scientifici pubblicati, una breve spiegazione del problema clinico, delle diverse opzioni diagnostiche e terapeutiche, dei rischi e dei benefici ad esse associati. Insieme ad esse, possono essere elaborati e adottati altri strumenti utili a guidare e a monitorare la pratica professionale, come i protocolli, gli standard, le procedure e i percorsi diagnostico terapeutici.

Naturalmente le Linee guida non sono come un libro di cucina e nella loro applicazione il professionista deve tener conto delle specificità del paziente, delle sue caratteristiche, dei suoi bisogni, di come si manifesta il disturbo/problema, delle sue scelte personali e di come risponde ai trattamenti…; inoltre, anche rispettando le Linee guida, il professionista può non possedere la necessaria esperienza e competenza o commettere negligenze e imprudenze.

Le Linee guida rappresentano, comunque, il punto di riferimento, la “regola” rispetto alla quale valutare la correttezza dell’operato professionale, come sancito, pur con il linguaggio a noi un po’ oscuro dei pronunciamenti giuridici, da una sentenza della Corte di cassazione penale del 2013:
“In buona sostanza, è necessario valutare di quanto ci si è discostati da tale regola, quanto fosse prevedibile in concreto la realizzazione dell’evento, quanto fosse in concreto evitabile la sua realizzazione. Per quanto concerne il grado della colpa sotto il profilo soggettivo che riguarda l’agente in concreto, sarà necessario determinare la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dello stesso: quanto più adeguato il soggetto all’osservanza della regola e quanto maggiore e fondato l’affidamento dei terzi, tanto maggiore il grado della colpa. Il quantum di esigibilità dell’osservanza delle regole cautelari costituisce fattore importante per la graduazione della colpa. Ulteriore elemento di rilievo sul piano soggettivo è quello della motivazione della condotta. Infatti, un trattamento terapeutico sbrigativo e non appropriato è meno grave se compiuto per una ragione d’urgenza. In ultimo, un profilo soggettivo è costituito dalla consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa e, quindi, dalla previsione dell’evento (colpa cosciente).”
Culturalmente il nostro mondo scientifico-professionale arriva preparato all’appuntamento con la stesura e il rispetto delle Linee guida.

Fin dal 1992, l’APA – American Psychological Association ha costituito una task force “per integrare le migliori ricerche disponibili sull’efficacia dei trattamenti psicologici con l’esperienza clinica, e in considerazione delle caratteristiche del paziente, della sua cultura e delle sue preferenze” ed ha definito dei criteri per elaborare Linee guida sull’intervento nei disturbi mentali e nelle conseguenze psicologiche delle malattie fisiche. I risultati del lavoro della Task Force sono stati sintetizzati e pubblicati anche in lingua italiana nel 2001, ma sono costantemente aggiornati e consultabili sul sito dell’associazione. Il NICE – National Institute for Health and Clinical Excellence, un’organizzazione inglese indipendente che elabora Linee guida nazionali sulla promozione della salute, la prevenzione, la diagnosi e il trattamento di una grande varietà di patologie, ha pubblicato le Linee guida forse più valide ed utili sui disturbi d’ansia, sulla depressione e il disturbo bipolare, sulla schizofrenia, sulla demenza, sull’abuso e la dipendenza da alcool. La maggioranza dei trattamenti raccomandati da queste Linee guida sono di matrice comportamentale e cognitiva.

Le Linee guida dell’American Psychiatric Association sono state preparate per la maggior parte dei disturbi psichiatrici e forniscono raccomandazioni complete; esse però sono fondate sull’opinione degli esperti e sulla pratica clinica prevalente e considerano, quindi, anche livelli bassi di evidenza. Le Linee guida per una pratica clinica basata sull’evidenza preparate dalla BACP – British Association for Counselling and Psychoterapy si riferiscono solo ai trattamenti psicologici e psicoterapeutici e, oltre ad indicare per specifiche categorie diagnostiche i trattamenti con maggiori evidenze di efficacia, forniscono raccomandazioni su altri aspetti, come l’importanza della relazione terapeutica, il livello di esperienza e competenza del terapeuta, l’adattamento alle caratteristiche e ai bisogni del paziente, la durata ottimale del trattamento. La SINPIA – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ha elaborato e approvato Linee guida sulla diagnosi e il trattamento delle più rilevanti psicopatologie dell’età evolutiva (dai disturbi depressivi, alla paralisi cerebrale infantile, dall’ADHD ai disturbi specifici dell’apprendimento) e delle condizioni di maltrattamento e abuso. Anche la Society of Clinical Child and Adolescent Psychology dell’APA ha elaborato Linee guida che vengono presentate nel proprio sito in una versione completa per gli psicologi e in una divulgativa per i genitori.
Il SNLG – Sistema Nazionale Linee Guida, promosso dall’Istituto Superiore di Sanità italiano, elabora raccomandazioni di comportamento clinico basate sugli studi scientifici più aggiornati. “Per ogni patologia le Linee guida descrivono le alternative disponibili e le relative possibilità di successo in modo che il medico (o lo psicologo) possa orientarsi nella gran quantità di informazione scientifica in circolazione, il paziente abbia modo di esprimere consapevolmente le proprie preferenze, e l’amministratore possa compiere scelte razionali in rapporto agli obiettivi e alle priorità locali”. Le Linee guida in cui hanno rilievo gli interventi psicologici e psicoterapeutici sono quelle sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, sugli interventi precoci nella schizofrenia e sulla cardiologia riabilitativa e la prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari.

Il metodo adottato dall’Istituto Superiore di Sanità prevede la costituzione di un gruppo di lavoro che esamina e vaglia tutte le ricerche disponibili sull’efficacia dei trattamenti (e sulla validità delle procedure diagnostiche) al fine di elaborare raccomandazioni la cui forza è graduata in base al livello di evidenze riscontrato, e che definisce sulla base dell’esperienza le buone pratiche cliniche, i modelli organizzativi e i percorsi assistenziali. Il gruppo è composto da esperti autorevoli nella materia, provenienti dalle strutture di eccellenza e dall’università, da epidemiologi, da esperti dello stesso istituto o del ministero, da tutte le figure professionali coinvolte nell’assistenza (ad esempio, medici di medicina generale, infermieri, terapisti della riabilitazione) e da rappresentanti delle associazioni dei pazienti e di altri portatori di interessi. Le società scientifiche sono direttamente rappresentate nel gruppo o, comunque, consultate nel corso dei lavori (come è accaduto per AIAMC e SITCC nella preparazione delle Linee guida sugli interventi precoci nella schizofrenia). Di solito viene costituito anche un gruppo di referee per l’esame e il miglioramento dei documenti prodotti.

Per prepararsi agli impegni e alle scadenze previsti nella legge in via di approvazione alla Camera, sembra necessario (e urgente) che la nostra comunità scientifico-professionale comprenda appieno l’importanza e la priorità della questione e vi profonda un impegno straordinario, e che le due società scientifiche di riferimento, AIAMC – Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e di terapia comportamentale e cognitiva e SITCC – Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva, intraprendano un percorso collaborativo e sinergico ai fini del loro accreditamento come fonti di Linee guida e dell’inserimento nello specifico elenco del Ministero. Un ruolo utile e propositivo a riguardo può essere svolto anche dalla Consulta Italiana di Terapia Cognitiva e Comportamentale.
I passi necessari (e sottolineo, urgenti) in questa direzione possono sono:

  • approfondire l’opera, che le due società stanno già da tempo svolgendo, di sensibilizzazione, di formazione e di aggiornamento dei loro iscritti sulla responsabilità professionale, sulle buone pratiche cliniche e sulle Linee guida diagnostiche, terapeutiche e riabilitative;
  • promuovere la diffusione, e l’applicazione, delle Linee guida più valide già esistenti, e in particolare di quelle del NICE, che possono anche costituire una base di riflessione e di discussione da parte dell’intera comunità professionale per l’elaborazione delle Linee guida italiane;
  • costituire gruppi di lavoro comuni tra le due società, e aperti ai contributi di rappresentanze e di esperti esterni, per l’elaborazione di Linee guida relative all’utilizzo dei trattamenti psicoterapeutici comportamentali e cognitivi nei diversi disturbi e/o ambiti assistenziali e per la definizione dei principi di buona pratica clinica;
  • seguire il percorso attuativo della legge e proporsi come interlocutori del Ministero della Salute.
    Se da un lato è evidente la necessità di collaborazione, sinergia e concordia all’interno della nostra comunità professionale e tra le due Società, non si possono trascurare le difficoltà e le resistenze che si incontreranno in questo percorso, che richiede di superare partigianerie, pregiudizi e mode culturali, ma a volte anche idiosincrasie personali e di gruppo, equilibri di potere, interessi scientifici, formativi e commerciali.

E’ probabile che, dopo l’accreditamento delle singole società, l’elaborazione delle Linee Guida non diventerà compito settoriale ed esclusivo di ognuna e non si esaurirà in un lavoro molto specifico, parcellizzato e slegato dall’intero percorso diagnostico e terapeutico del paziente. E’ probabile, dunque, che le Linee Guida avranno come oggetto l’intera gamma di interventi diagnostici, terapeutici e riabilitativi per una determinata categoria diagnostica o, almeno, l’intera gamma di interventi psicoterapeutici per i pazienti con quel disturbo.

Diventa perciò necessario rinsaldare fin da ora i contatti e la collaborazione con i soggetti che in questa prospettiva sono certamente rilevanti, come la Società Italiana di Psichiatria, l’Associazione Italiana di Psicologia, la Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, la Società Italiana di Psicologia dei Servizi Ospedalieri e Territoriali, le Società di Psicoterapia di altro orientamento, gli Ordini professionali dei Medici e degli Psicologi, il Tribunale per i diritti del malato e le Associazioni dei pazienti e dei familiari.

Prof. Paolo Michielin

Dipartimento di Psicologia Generale, Università di Padova
Il prof. Michielin è stato il primo presidente nazionale dell’ordine degli psicologi, ha rivestito varie cariche apicali nella gestione della sua ASL di residenza e attualmente insegna nella Scuola di Psicologia dell’Università di Padova.

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