Che utilità ha l’ansia?
L’ansia è un meccanismo del nostro cervello che si è sviluppato come meccanismo di sopravvivenza grazie alla selezione naturale. L’ansia è utile, molto utile ma come in ogni cosa è il troppo che fa male.
Un certo grado di ansia serve in presenza di un pericolo fisico: ti aumenta il battito cardiaco e la frequenza respiratoria per portare più ossigeno ai muscoli, la tensione muscolare ti rende pronto alla fuga o al combattimento. E’ la cosiddetta reazione di attacco o fuga, è la modalità del nostro cervello di rendere più efficiente il nostro corpo.
L’ansia non serve, però, solo in situazioni in cui bisogna combattere. È utile anche in alcune attività che richiedono sforzi non fisici come esami, colloqui o situazioni sociali. Può suonare strano, ma livelli moderati di ansia migliorano le prestazioni, in quanto aumentano l’attenzione e la vigilanza. Chi fosse totalmente rilassato durante un esame o un incontro sportivo o in una discussione importante non darebbe il meglio si sé; avete mai sentito dire: ‘quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare’?. L’estremo opposto all’ansia non è l’assenza di quell’agitazione eccessiva che connota l’accezione negativa del termine ‘ansia’ ma l’estremo rilassamento, uno stato che si avvicina al sonno.
Se un po’ di ansia prepara il tuo organismo al meglio, troppa lo fa andare fuori giri. La curva di Yerkes e Dodson illustra il continuum tra la funzione adattativa dell’ansia e il suo aspetto disadattivo che è in grado di portare ad un rapido decadimento della prestazione. Un po’ di ansia fa bene, troppa fa male.
Cosa succede all’aumentare dell’ansia?
All’aumentare dell’ansia oltre la soglia ottimale, infatti, peggiorano progressivamente le abilità cognitive implicate nella prestazione. Intensità crescenti di ansia hanno un impatto via via crescente sul funzionamento cognitivo, alterando inizialmente le funzioni mentali superiori fino ad arrivare ai processi mentali di base, seguendo uno schema a piramide rovesciata (Meazzini, 1996):
Livelli piuttosto elevati di ansia possono in realtà essere vissuti come normali quando sono coerenti con ciò che esige la situazione. Se sei molto ansioso durante un esame o mentre guidi un go kart pr la prima volta non te ne preoccuperesti più che tanto. Molte persone con un disturbo d’ansia invece hanno imparato a temere e a evitare anche situazioni che producono un’ansia che si può considerare fisiologica, considerandola anormale.
Si parla di ansiety sensitivity ovvero della sensibilità all’ansia, che porta una persona a vivere male un’ansia di un’intensità che sarebbe ritenuta neutra o comunque gestibile dalla maggior parte delle persone. Da qui nascono le condotte di evitamento che sono uno dei principali fattori di mantenimento dei sintomi d’ansia (Andrews et al. 2003) assieme ai comportamenti di protezione (Wells, Clark, Salkovskis, Ludgate, Hackmann, & Gelder, 1995).
Ricorri a degli evitamenti?
Ci sono forma di evitamento poco evidenti, ad esempio:
- Evitate di prendere delle medicine, anche se prescritte dal medico?
- Evitate di uscire senza avere con voi le le tue medicine?
- Evitate di fare sforzi fisici?
- Evitate di arrabbiarvi molto?
- Evitate di avere rapporti sessuali?
- Evitate di vedere film emozionanti, ad esempio film dell’orrore o film molto tristi?
- Evitate di uscire all’aperto quando fa molto caldo o freddo?
- Evitate di trovarvi in posti dove è difficile raggiungere rapidamente un aiuto medico?
- Aprite le finestre nei luoghi chiusi?
- Evitate di stare in piedi o di passeggiare senza avere qualcosa a cui appoggiarvi a portata di mano?
Bibliografia
- Andrews, G., et al. “Trattamento dei disturbi d’ansia.” Centro Scientifico Editore, Torino (2003).
- Meazzini, P. La terapia del comportamento: una storia. Tecnoscuola, 1996.
- Wells, A., et al. “Social phobia: The role of in-situation safety behaviors in maintaining anxiety and negative beliefs.” Behavior Therapy 26.1 (1996): 153-161.