È noto da tempo che il movimento e l’attività fisica rappresentano un toccasana per il nostro organismo, sia per il benessere fisico che per il benessere mentale. Le crescenti evidenze in merito a tali benefici hanno spinto vari studiosi ad interrogarsi sulle ragioni che stanno alla base dei cambiamenti osservati. Le ipotesi esplicative che sono state fornite chiamano in causa meccanismi di volta in volta differenti che interagiscono tra loro senza escludersi a vicenda. Per molti di questi meccanismi esistono oggi prove sperimentali. Di seguito proponiamo una sintesi delle tre principali ipotesi avanzate.
‘Time-out’ dallo stress
Una delle spiegazione proposte per gli effetti che l’attività fisica sembra avere sull’umore, sull’ansia e sulla sensazione di benessere psicologico è quella secondo cui sarebbe la distrazione da eventi stressanti a produrre benefici piuttosto che l’attività fisica in sé. Questa spiegazione ha origine da studi che hanno voluto confrontare gli effetti dell’attività fisica con quelli di tecniche o compiti di distrazione. I risultati hanno mostrato come i due gruppi non differissero rispetto agli effetti benefici osservati (Bahrke & Morgan, 1978; Wilson, Berger, & Bird, 1981). Tuttavia, una differenza tra le diverse condizioni è stata di fatto osservata in rapporto alla durata di tali effetti, che sembrano mantenersi più a lungo nei gruppi che praticavano esercizio fisico. Da alcuni studi meta-analitici è poi emerso che, per quanto riguarda l’ansia, l’attività fisica e le tecniche di distrazione cognitive hanno in realtà la stessa efficacia nel ridurre l’ansia di stato1, mentre l’attività fisica sarebbe più utile nel ridurre l’ansia di tratto2 (Petruzzello et al., 1991; Raglin & Morgan, 1985).
- Per ansia di ‘stato’ si intende il livello di ansia che un individuo prova in un preciso momento. Si tratta pertanto di una sensazione di ansia circoscritta ad una particolare situazione.
- Per ansia di ‘tratto’ si intende una disposizione interna dell’individuo a reagire in modo ansioso ad una varietà di situazioni.
Endorfine e fattore neurotrofico
L’ipotesi delle endorfine rimane certamente la più nota e diffusa spiegazione dei benefici che l’esercizio fisico può avere sull’umore e sull’ansia. Si tratta di una spiegazione di tipo biologico basata sui naturali meccanismi fisiologici che accompagnano lo sforzo fisico. In realtà non tutti gli studi in passato hanno supportato questa ipotesi, sebbene complessivamente il peso delle prove oggi sembrerebbe suggerire che essa sia scientificamente sostenibile e fondata (Weinberg & Gould, 1995).
Questa ipotesi sostiene che gli effetti di elevazione dell’umore e di riduzione dell’ansia indotti dall’esercizio fisico siano legati al rilascio di β-endorfine, sia a livello del sistema nervoso centrale che a livello del sistema nervoso periferico. Le endorfine sono una classe di sostanze naturalmente presenti nel nostro organismo e svolgono la funzione di antidolorifici naturali (Cashmore, 2008). Nello specifico, il rilascio di endorfine sembra indurre uno stato euforico (più simile ad un senso di leggerezza e sollievo) e una riduzione del dolore (Harber & Sutton, 1984; Morgan, 1985; North, McCullagh, & Tran, 1990; Thorén, Floras, Hoffmann, & Seals, 1990). Esistono oggi prove che documentano come anche dieci minuti di attività fisica intensa possano aumentare i livelli di endorfine per un’ora (Cashmore, 2008). Accanto alle endorfine, un altro fattore neurofisiologico con effetti importanti sull’umore e sull’ansia è il cosiddetto BDNF (Brain Derived Neurotrophic Factor; Anderson & Shivakumar, 2013; Szuhany, Bugatti, & Otto, 2015). Sembra infatti che una riduzione dei livelli di questa neurotrofina nell’ippocampo sia correlata con stati depressivi e ansiosi (Duman & Monteggia, 2006) e che l’introduzione di BDNF nei cosiddetti ‘nuclei del rafe’3 sia associata ad effetti antidepressivi (Altar, 1999). Diversi studi condotti dal 2008 al 2012 hanno messo in luce come l’esercizio fisico, soprattutto se condotto con regolarità, abbia un impatto significativo sui livelli di BDNF (Szuhany, Bugatti, & Otto, 2015). Si ritiene inoltre che tale fattore possa essere la chiave per comprendere non solo gli effetti sull’umore, ma anche gli effetti cognitivi dello sport, in quanto notoriamente implicato nello sviluppo e nel funzionamento neuronale corticale (Altar, 1999; Gorski, Zeiler, Tamowski, & Jones, 2003; Huang et al., 1999; Lu, Pang, & Woo, 2005).
- Nuclei costituiti in larga parte da neuroni serotoninergici, facenti parte della formazione reticolare del tronco encefalico.
L’ipotesi dei fattori psicosociali
Accanto alle spiegazioni più organicistiche si ritrovano in letteratura anche argomentazioni e teorie focalizzate maggiormente sugli aspetti psicologici e sociali. Secondo queste teorie l’attività fisica può alleviare i sintomi depressivi incrementando nelle persone i sentimenti di competenza, autonomia e vicinanza agli altri (Faulkner & Carless, 2006), migliorando la loro autostima e la percezione dell’immagine corporea che hanno di sé stessi (Wright et al., 2009). Tra gli aspetti prettamente psicologici, il senso di autoefficacia in particolare sembra essere uno dei fattori di mediazione più importanti (Craft, 2005; White, Kendrick, & Yardley, 2009). Si ritiene infatti che l’aumento del proprio senso di efficacia in ambito sportivo, legato al raggiungimento degli obiettivi prefissati e al superamento delle difficoltà, possa di fatto incrementare la percezione di controllo dei sintomi in persone che soffrono di depressione (Craft, 2005; White, 2008).
Bibliografia
- Altar, C. A. (1999). Neurotrophins and depression. Trends in Pharmacological Sciences, 20(2), 59-62.
- Anderson, E., & Shivakumar, G. (2013). Effects of Exercise and Physical Activity on Anxiety. Frontiers in Psychiatry, 4(27).
- Bahrke, M. S., & Morgan, W. P. (1978). Anxiety reduction following exercise and meditation. Cognitive Therapy and Research, 2(4), 323-333.
- Cashmore, E. (2008). Sport and exercise psychology: the key concepts. London; New York: Routledge.
- Craft, L. L. (2005). Exercise and clinical depression: Examining two psychological mechanisms. Psychology of Sport and Exercise, 6(2), 151–171.
- Duman, R. S., & Monteggia, L. M. (2006). A Neurotrophic Model for Stress-Related Mood Disorders. Biological Psychiatry, 59(12), 1116–1127.
- Faulkner, G., & Carless, D. (2006). Physical activity in the process of psychiatric rehabilitation: Theoretical and methodological issues. Psychiatric Rehabilitation Journal, 29(4), 258–266.
- Gorski, J. A., Zeiler, S. R., Tamowski, S., & Jones, K. R. (2003). Brain-derived neurotrophic factor is required for the maintenance of cortical dendrites. The Journal of Neuroscience, 23(17), 6856-6865.
- Harber, V. J., & Sutton, J. R. (1984). Endorphins and exercise. Sports Medicine, 1(2), 154-171.
- Huang, Z. J., Kirkwood, A., Pizzorusso, T., Porciatti, V., Morales, B., Bear, M. F., … Tonegawa, S. (1999). BDNF Regulates the Maturation of Inhibition and the Critical Period of Plasticity in Mouse Visual Cortex. Cell, 98(6), 739–755.
- Lu, B., Pang, P. T., & Woo, N. H. (2005). The yin and yang of neurotrophin action. Nature Reviews Neuroscience, 6(8), 603–614.
- Morgan, W. P. (1985). Affective beneficence of vigorous physical activity. Medicine & Science in Sports & Exercise, 17(1), 94–100.
- North, T. C., McCullagh, P., & Tran, Z. V. (1990). Effect of exercise on depression. Exercise and Sport Sciences Reviews, 18(1), 379-416.
- Petruzzello, S. J., Landers, D. M., Hatfield, B. D., Kubitz, K. A., & Salazar, W. (1991). A meta-analysis on the anxiety-reducing effects of acute and chronic exercise. Sports Medicine, 11(3), 143-182.
- Raglin, J. S., & Morgan, W. P. (1987). Influence of exercise and “distraction therapy” on state anxiety and blood pressure. Medicine and Science in Sport and Exercise, 19, 456-463.
- Szuhany, K. L., Bugatti, M., & Otto, M. W. (2015). A meta-analytic review of the effects of exercise on brain-derived neurotrophic factor. Journal of Psychiatric Research, 60, 56–64.
- Thorén, P., Floras, J. S., Hoffmann, P., & Seals, D. R. (1990). Endorphins and exercise: Physiological mechanisms and clinical implications. Medicine & Science in Sports & Exercise, 22(4), 417–428.
- Weinberg, R. S., & Gould, D. (1995). Foundations of sport and exercise psychology. Champaign, IL: Human Kinetics.
- White, K. T. (2008). Why does physical activity alleviate depression? Identifying potential mediators and understanding the process of change (Unpublished doctoral dissertation). Southampton, UK: University of Southampton.
- White, K., Kendrick, T., & Yardley, L. (2009). Change in self-esteem, self-efficacy and the mood dimensions of depression as potential mediators of the physical activity and depression relationship: Exploring the temporal relation of change. Mental Health and Physical Activity, 2(1), 44–52.
- Wilson, V. E., Berger, B. G., & Bird, E. I. (1981). Effects of running and of an exercise class on anxiety. Perceptual and Motor Skills, 53(2), 472–474.
- Wright, K. A., Everson-Hock, E. S., & Taylor, A. H. (2009). The effects of physical activity on physical and mental health among individuals with bipolar disorder: A systematic review. Mental Health and Physical Activity, 2(2), 86–94.